I Cannibali Italiani

Il “Cannibalismo” è stato una corrente letteraria italiana nata nella metà degli anni novanta. Comprende autori che ho già letto e amato, altri che sto leggendo in questo periodo e altri (pochi) ancora da scoprire. Io sono un grande ammiratore della letteratura italiana, soprattutto quella del novecento, con autori straordinari amati anche a livello internazionale. Il difetto della nostra letteratura è che, secondo me, non approva sufficientemente chi osa. I Cannibali hanno osato, tra di loro c’è chi ha trionfato (cambiando genere), chi è diventato un classico per pochi, chi è scomparso dalla scena letteraria, chi è divenuto un autore di nicchia. Sono tutti artisti che secondo me negli Stati Uniti avrebbero trionfato come Bret Eston Ellis o Chuck Palahniuk, autori che lì hanno osato e sono stati riconosciuti da critica e pubblico. In questo post vi racconto i Cannibali italiani, gli autori che hanno creato il mio movimento letterario italiano preferito.

burundanga

I critici letterari raggrupparono una serie di autori italiani definendoli all’inizio pulp dopo l’uscita del film Pulp Fiction di Tarantino. Il motivo fu lo stile crudo, violento, arricchito da dialoghi al limite del surreale ma sempre ben ancorati alla realtà, tipici appunto del celebre film del regista americano. Una violenza portata all’esasperazione che può provocare persino un sorriso per la sua assurdità, concetto forse contorto, ma del tutto chiaro per chi ha letto qualcuno di questi autori che sto per presentare, o perlomeno visto Pulp Fiction. In realtà il concetto di pulp nella letteratura è anteriore al film, nonostante in Italia sia diventato famoso grazie alla pellicola di Tarantino. In Nord America (sia negli Stati Uniti che in Canada) si erano diffusi già da tempo il minimalismo e l’avantpop, generi che hanno appunto ispirato Pulp Fiction e i nostri cannibali. I già citati Ellis e Palahniuk e altri grandi autori come David Foster Wallace e Douglas Coupland erano già noti o stavano per diventarlo prima di vedere danzare John Travolta e Uma Thurman sulle note di Chuck Berry. In seguito venne usato il termine “Cannibali” per definire questo movimento perchè alcuni dei suoi autori contribuirono alla raccolta di racconti Gioventù cannibale pubblicata da Einaudi nel 1996.

Inizio con l’autore “Cannibale” più noto: Niccolò Ammaniti. Uno dei suoi primi esordi letterari fu Fango, raccolta di racconti del 1996, potente, tra l’esiralante e il violento, che riesce a provocare sensazioni controverse mentre si sfogliano le sue pagine. È per me una raccolta straordinaria e credo sia uno dei romanzi meno famosi dell’autore romano. Fango mi ha ricordato per stile e contenuti, la raccolta di racconti Cavie di Palahniuk del 2005 che solo negli USA ha venduto milioni di copie. È un dato che credo sia emblematico, il pulp in USA vende milioni di copie, mentre in Italia Ammaniti diventa famoso quando cambia genere. Dopo Ti prendo e ti porto via che riprende le tematiche pulp in versione romanzo, infatti, Ammaniti raggiunge il successo a livello internazionale con Io non ho paura, grazie anche all’omonimo film di Salvatores. Si è spostato poi verso romanzi di formazione più classici, resta ancora un autore straordinario, io lo leggo ancora volentieri, ma per me ha smesso di osare.

Passo ora ad altri due “Cannibali” molto noti anche a livello internazionale, ma non per la loro fase pulp: Enrico Brizzi e Tiziano Scarpa. Jack Frusciante è uscito dal gruppo, opera prima di Brizzi e finalista del premio Campiello del 1995 è un romanzo a me molto caro perché è, secondo me, il romanzo di formazione per eccellenza italiano della mia generazione. A me piace definirlo il nostro Holden, anche se di un’altra epoca e un’altra cultura rispetto al classico di Salinger. Qui però vorrei segnalare il secondo romanzo di Brizzi, il “Cannibale” Bastogne del 1996. È un romanzo crudo e violento che descrive vite vuote che tentano di riempirsi di droga e apatia. Uno dei libri cardine del movimento letterario e per me un altro pezzo della mia adolescenza, uno dei primi libri che mi ha fatto appassionare alla letteratura e forse quello che più ha influenzato quello che ho scritto fino adesso. Brizzi ha scritto altri romanzi di successo, è per me l’autore che più è rimasto ancorato al cannibalismo anche dopo Bastogne e forse per questo, pur essendo molto bravo, non ha raggiunto l’esito commerciale di Ammaniti.

Il romanzo di Scarpa più vicino al cannibalismo è Occhi sulla graticola del 1996. Tra i romanzi citati in questo post è forse quello più pulp. È un misto di prosa, saggio e monologo dalle tinte teatrali che racconta una particolare storia d’amore tra una disegnatrice di genitali maschili sulle traduzioni italiane dei manga, e un giovane studente che paga l’affitto del suo appartamento con il proprio sperma usato dalla locatrice come crema antirughe. Scarpa non è un autore di nicchia, ha vinto anche un premio Strega con Stabat Mater nel 2009. Ma per me, la sua componente più bella è quella cannibale.

Altri due autori “Cannibali” che mi piacciono molto sono Alda Teodorani e Matteo Galiazzo, forse le uniche vere “vittime” di quel mio concetto iniziale sulla letteratura italiana che non valorizza chi osa. Alda Teodorani è scrittrice e traduttrice di libri di vari generi letterari, compresi horror, erotismo e poesia a parte il pulp. Gramsci in cenere è secondo me il suo romanzo pulp per eccellenza. È un libro molto particolare pubblicato nel 2016 da Stampa Alternativa, e narra in meno di 100 pagine senza dialoghi, in modo crudo e realistico, le vicissitudini di un gruppo di amici con problemi di droga in un piccolo paese della provincia di Ravenna. Parla di morte, di reietti e d’apatia in un bar frequentato da vecchi depressi e tossici. Ma è anche un piccolo libro di formazione che, a modo suo, racconta sentimenti e paure celate dalla dipendenza di ragazzi di provincia. Una splendida colonna sonora, tra cui pezzi di Lou Reed e David Bowie, accompagna il lettore in questo viaggio malinconico.

Ho avuto modo di parlare di Matteo Galiazzo, autore che stimo e di cui ho recensito Cargo e Il rutto della pianta carnivora. Sono romanzi strani, i più alternativi di tutto il “Cannibalismo” tra quelli che ho letto, soprattutto Cargo, una vera chicca. Come già dissi in quelle recensioni Galiazzo purtroppo non scrive più, io non ne conosco il motivo, ma ho la sensazione che abbia abbandonato la letteratura perchè gli ha voltato le spalle per aver osato troppo. Ora Galiazzo lavora come programmatore.

Non ho ancora letto altri due “Cannibali” che ho in lista e di cui spero di parlare presto: Isabella Santacroce e Aldo Nove. Stay tuned…

25 commenti

  1. Grazie Alessandro, per questo bellissimo post; hai esposto molto chiaramente i presupposti di questo genere. Non ho letto tutti quelli che citi; sì Ammanniti di Io non ho paura, bellissimo e sì, mi era piaciuto anche Jack Frusciante, un romanzo generazionale di formazione che aiuta a capire molto la generazione che fotografa. Di Aldo Nove avevo iniziato i racconti di Woobinda ma, insomma…. non sono andata oltre il primo…..

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