I figli del diluvio – Recensione

…Uno dei diorami che aveva costruito era così bello che volevo rimpicciolirmi e andarci a vivere. C’erano alberi minuscoli fatti di rametti, cespugli di lichene, un ponte di corteccia ricurva. Una grotta fatta di sassi e piccoli stagni di valve di cozze. In un pergolato di foglie e rametti era appesa una crisalide scintillante, da cui sperava nascesse una farfalla…
Autore: Lydia Millet
Pagine: 208
Anno: 2021
Casa Editrice: NNE
Disponibilità: Libro cartaceo e versione digitale
Dove acquistarlo: NNE

Un gruppo di adulti organizza quel tipo di vacanza desiderata (a volte) dagli over 40, quel tipo di vacanza in cui si trascorre il tempo rinchiusi in un’abitazione confortevole bevendo, parlando di banalità mentre l’accidia attacca il cervello facendo attivare eventuali sforzi fisici solo per riempire i bicchieri vuoti e fare sesso. Il gruppo di adulti decide di portarsi dietro i figli, lasciandoli da soli in una parte isolata dell’abitazione, senza interferire con loro per non rischiare di perdere quell’accidia che fa da padrone nella loro vacanza. Nascono quindi due storie parallele, anzi una e mezza perché quella degli adulti non ha nulla da offrire a parte l’accidia. Così che un gruppo di ragazzini si ritrova in un’abitazione confortevole insieme ai  genitori dove trascorrono il tempo organizzando scherzi di cattivo gusto agli adulti di cui non si rivelano la paternità, sperimentando giochi erotici, appiccando incendi, raccontando storie di fantasmi e fumando canne.

Gli adulti sono dei nichilisti che pensano solo a ubriacarsi e a scopare, i ragazzini riflettono sui problemi della vita e temi profondi tipo la bibbia e il punto G. L’idea è interessante, ma all’inizio mi è sembrato tutto un po’ forzato, creato giusto per essere originali (uno dei ragazzini non conosce Snapchat e ascolta solo musica anni sessanta). Questo riassume le prime dieci pagine di un’opera che desideravo leggere quanto i genitori desideravano la vacanza nell’abitazione confortevole. Difatti questo libro ha uno di quei curriculum che mandano le aspettative alle stelle. Ma per fortuna arriva la svolta: un diluvio universale improvviso che spiazza tutti crea il principio di una distopia interpretata da ragazzini, con scene surreali e violente che sembrano scritte da Tarantino. Tutto inizia ad avere un senso, persino il ragazzino che non conosce Snapchat e ascolta solo musica anni sessanta. Lo stile diventa più cinico, gli adulti diventano ancora più inutili e grotteschi, si annunciano morti come se fossero aneddoti raccontati allegramente da un capo scout. 

Il ritmo diventa impressionante, la lettura inizia a prendermi e non voglio lasciare più il libro. L’inizio deludente viene rimpiazzato da un libro bomba ma, ahimè, il ritmo scema di nuovo. Mi dico che forse è normale, che sono rari i libri spettacolari che mantengono alta la qualità fino alla fine. Ma la qualità qui per me scompare di nuovo e il romanzo riprende le delusioni delle prime dieci pagine: i ragazzini che venti pagine prima appiccavano incendi e sputavano dentro i cocktail dei genitori, diventano improvvisamente saggi e maturi, smettono di comportarsi come ragazzini. Il ruolo degli adulti diventa sterile. Arrivano cattivi poco carismatici che mi ricordano gli episodi peggiori di The Walking Dead: malvagi senza personalità ben definite. La storia perde potenza e originalità, si trasforma nell’ennesima denuncia al cambio climatico combattuto da un gruppo di Grete Thunberg. Ho trovato tanta retorica che sinceramente mi ha stufato: se mi parlano di cambio climatico lo devono fare senza dirmi che dobbiamo svegliarci per il bene dei nostri figli, che gli adulti sono stronzi e bla bla bla. A un certo punto, per come andavano le cose, ho pure temuto che i ragazzini iniziassero a parlare dicendo tuttə o tutt*, ecco l’ho detto, attaccatemi pure.

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