… La mezzanotte è un delirio. Tutti impazziscono, gridano frasi a metà tra l’augurio e l’apocalittico, inneggiano al duemila, ognuno di noi si aspetta che stia per succedere chissà che cosa, forse la fine del mondo. I bocconiani tirano fuori non si sa da dove due bottigglie di spumante e non hanno nessuna intenzione di condividerle, nonostante le crescenti pressioni …
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Autore: Francesco Rago Pagine: 175 Anno: 2019 Casa Editrice: Ultra ISBN: 978-8867768820 Disponibilità: Libro Cartaceo Dove acquistarlo: Amazon |
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Ho fatto un po’ di fatica a iniziare a parlare di questo libro che mi è piaciuto tanto, ma che non trova facile collocazione in un particolare genere letterario. Credo che Cani malati in val padana rientri nella categoria di romanzo di formazione, per come evolve il personaggio verso la propria maturità di scrittore. È un genere di romanzo che io apprezzo soprattutto nella letteratura statunitense, in cui vari autori riescono con la loro scrittura a raccontare vite di personaggi che ti entrano dentro e non ti lasciano più con straordinaria abilità, come Auster, Roth o Chabon. Nei romanzi di formazione italiani trovo spesso una componente nuova che non ho mai letto tra le pagine degli autori americani: l’arte di arrangiarsi raccontata con ironia in un mondo che si fa fatica a capire. Ultimamente l’ho trovata per esempio ne L’era del porco di Morozzi e, appunto, in Cani malati in val padana di Rago. Credo che il motivo sia che nella letteratura italiana contemporanea c’è una forte influenza della commedia all’italiana dove l’arte dell’arrangiarsi con ironia la faceva da padrone.
Cani malati in val padana racconta la storia di uno scrittore perseguitato dalla sfiga che scrive un libro pubblicato da una casa editrice gestita da un tipo che ricorda Saul, di Better Call Saul. Quella sfiga fantozziana è il perno dell’evoluzione del protagonista scrittore e lo perseguita ovunque. A casa, al bar con gli amici, nei luoghi di vacanza, e in qualsiasi attività legata al suo libro, raccolta di racconti pulp difficile da far capire a chiunque gli chiedeva di cosa parlasse. È un libro con l’abilità di far sorridere, con un personaggio che attrae a se la stranezza e la vive con spensieratezza, che dovrebbe essere un disgraziato per quello che vive e per come lo vive, ma non lo è. Anzi è intelligente, si capisce per quello che legge e per come si muove, accettando quella stranezza e quella sfiga che lo perseguitano, imparando a convivere con esse. Mi piacciono le citazioni dell’autore, appassionato di Tarantino e di cantautori italiani, ma solo di quelli che le canzoni se le scrivono da soli per un motivo che condivido ma che non dico, lo lascio scoprire al lettore.
Mentre traffica con la moka le guardo il culo e l’eccitazione che Fridhole aveva ammazzato a colpi di alitosi e poesie spacca maroni all’improvviso resuscita.
Il nome del personaggio di Fridhole è un misto tra Frida Khalo e hole che significa buco, come i buchi dell’eroina che indicano sofferenza, fragilità e piacere allo stesso tempo, come dice l’autore. Questo libro mi ha fatto ridere come non ridevo dai tempi de L’era del porco di Morozzi che, tra l’altro, parla della sfiga che perseguita un altro scrittore. Lo scrittore che fa ironia sul suo mondo sta diventando ormai un classico del romanzo di formazione e Rago in questo libro l’ha fatto veramente bene.
Il pubblico in sala è composto dai miei genitori, una cugina di mia madre, due clienti della libreria, Lo Spago e il Leo che per l’occasione è riuscito a ritagliarsi un’oretta da dedicarmi. Il relatore com’era prevedibile non accenna a niente del libro, fa solo un vago e noioso discorso introduttivo sull’importanza di avvicinare i giovani alla letteratura e poi mi rivolge alcune domande generiche alle quali rispondo con un imbarazzo mai provato prima d’ora.