A proposito di Dylan Dog

Oggi torno a parlare di Dylan Dog, una delle mie più grandi passioni durante i miei anni 90. Proprio in quegli anni, grazie al personaggio di Tiziano Sclavi, nacque anche la mia passione verso Londra e il Regno Unito. Difatti, ho sempre trovato le atmosfere di Londra descritte nel fumetto così affascinanti da creare dentro di me un’irresistibile voglia di visitare tutto il Regno Unito. Oggi vivo a Liverpool da quasi dieci anni ormai e ho iniziato a rileggere da qualche mese tutte le storie di Dylan Dog pubblicate durante la mia adolescenza. Ad essere sincero ora quel fascino che sentivo si è spento da anni per tanti motivi di cui non voglio parlare qui. Questo post lo voglio invece dedicare alle inesattezze sul Regno Unito che trovo continuamente e che lo rendono una versione “italianizzata”. Sí, è vero, è solo un fumetto, pura fantasia, ma mi domando che motivo c’era di creare un’ambientazione a metà strada tra una versione italiana dell’Inghilterra e un concentrato di luoghi comuni. Detto questo, ho raccolto qualcuna di queste inesattezze che ho voluto condividere sul mio blog.

I voti degli esami nelle università del Regno Unito vanno da 40 a 100 e non da 18 a 30 come in Italia e in vari numeri di Dylan Dog; le interrogazioni a scuola che si trovano tra le pagine dell’indagatore dell’incubo qui non esistono, forse ci sono nelle scuole italiane, ma quelle del fumetto in cui le ho viste sono chiaramente britanniche; il caldo torrido estivo che fa impazzire la gente qui ce lo sognamo adesso con il clima impazzito e se lo sognavano anche prima; le prese della corrente europee nel Regno Unito non ci sono e ne ho trovate tante disegnate su vari volumi; Londra è una delle città più multi etniche al mondo, passi la caratterizzazione delle donne tutte perfette, ma illustrare Londra senza indiani e neri mi sembra un errore grossolano; vedere un lord elegante con bombetta e ombrello a Londra è come vedere Vito Corleone mentre suona il mandolino a Roma; non sono mai riuscito a capire perché nei dialoghi si dà del voi, credo sia collegato all’ambientazione britannica ma non ne sono sicuro.

Io sono del papere che sia sempre meglio ambientare una storia in luoghi che si conoscono per rendere più coinvolgente la narrazione; preferisco che sia Nick Hornby o Jonathan Coe a parlarmi di Londra, Tiziani Sclavi l’ho apprezzato di più parlando di Buffalora (Brescia). Voi che ne pensate?

13 commenti

          • Hai detto bene: nessuna serie tv, nessun film, nessun libro ha saputo descrivere gli anni 90 come Beverly Hills 90210. E infatti non è un caso che sia finita nel 2000, a decennio appena concluso: era un segno del destino, quella serie tv aveva rappresentato appieno gli anni 90 e lì doveva restare.
            Il successo di questo iconico telefilm si spiega non soltanto con la qualità delle sceneggiature (davvero ottima, almeno all’inizio), ma anche con il fatto che per la prima volta dopo la chiusura di Happy Days una serie tv poneva gli adolescenti al centro della scena, e si focalizzava soltanto su di loro e sul loro mondo. Fino a quel momento (salvo rarissime eccezioni) in tutte le serie tv erano gli adulti gli unici protagonisti, e gli adolescenti erano soltanto dei comprimari che apparivano di sguincio in qualche episodio qua e là: Beverly Hills 90210 ribaltava questo schema, e ritraeva il mondo degli adolescenti con un’efficacia e un’esattezza davvero impressionanti.
            Era anche un programma che lanciava molti messaggi educativi: ad esempio, chi si comportava onestamente riusciva sempre a tirarsi fuori dai guai, chi sbagliava veniva sistematicamente punito, e veniva mostrato che c’è sempre una speranza di pacificazione, anche dopo i litigi più furiosi.
            Inoltre, la serie ha avuto il merito di introdurre i giovani a tanti argomenti di cui non avevano mai discusso con i loro genitori, perché questi ultimi si vergognavano troppo o non avevano gli strumenti per affrontarli: dalla sessualità all’uso delle armi, dall’omosessualità alla droga. Chissà quante adolescenti sarebbero diventate ragazze madri o quanti ragazzi sarebbero andati in overdose senza Beverly Hills 90210.
            Termino questo viaggio nel passato con un aneddoto. Una volta da bambino andai a casa della mia baby – sitter, e vidi sua sorella rapita davanti al televisore. Manco a dirlo, il canale era Italia 1, e il programma era Beverly Hills 90210. Io rimasi colpito dal suo sguardo estasiato, e le chiesi: “Perché ti piace così tanto?” Lei mi rispose: “Perché lì dentro c’è la mia vita”. Quanto aveva ragione. Grazie Beverly Hills 90210 per aver tradotto in immagini tutto ciò che noi adolescenti avevamo dentro

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  1. Ho amato molto DD, ma all’epoca non era l’ambientaIone ad affascinarmi. Sicuramente non avrei notato le contraddizioni che tu noti, ma credo che a volte le inesattezze siano ampiamente superate dalla suggestione

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