Matteo Galiazzo

Matteo Galiazzo è stato uno degli autori del movimento letterario dei Cannibali italiani. Purtroppo ha deciso di smettere di scrivere da qualche anno, attualmente lavora come programmatore informatico e io, da amante della letteratura -anche di quella cannibale- non me ne capacito. Matteo Galiazzo è difatti il mio Cannibale preferito, supera gente dello stesso movimento del calibro di Brizzi e Ammaniti, mica due qualsiasi. In questo post vi racconto perché mi sia affezionato così tanto a questo autore purtroppo poco prolifico.

Galiazzo si presenta come un autore che ama scrivere in prima persona per potersi immedesimare dentro la storia e viverla. Quando invece scrive in terza persona, si trova nei bordi degli scenari che s’inventa, sempre secondo la sua presentazione, descrivendo cose che non gli appartengono e che quasi l’annoiano. Ma l’autore nelle sue opere passa dalla sua intensa e riflessiva prima persona alla terza, che non apprezza ma che gli tocca usare, con un’abilità e una profondità invidiabili. Perché Galiazzo, con le sue parole, riesce sempre ad ammaliare il lettore, quando si trova a suo agio nella sua forma di scrivere, o quando ci parla attraverso alcuni dei suoi personaggi. Il suo stile crudo, violento, arricchito da dialoghi al limite del surreale ma sempre ben ancorati alla realtà, e la violenza che descrive portata all’esasperazione che può provocare persino un sorriso per la sua assurdità, sono l’essenza del pulp letterario, del cannibalismo italiano e di una forma di creare letteratura che io amo, sia essa trasmessa in prima o terza persona.

Galiazzo inoltre ha rappresentato quello che io definisco intelligenza letteraria: riusciva a parlare di tutto, anche di quello che gli fa schifo o a cui non crede in modo oggettivo con lucidità, riuscendo a mantenere sempre il suo stile. Per esempio parla di Dio e religione da non credente (lo suppongo per il ringraziamento ai suoi genitori per non averlo battezzato) senza mancare di rispetto ai credenti. Oppure era capace di spiegare il Big bang e altre teorie scientifiche, o pseudo scientifiche, che nei suoi libri sembrano raccontate da uno scienziato di fama internazionale che si è appena fatto di Skunk ma che riesce a parlare senza commettere errori.

Nell’introduzione di uno dei suoi libri (Cargo, per me la sua opera migliore) ha dichiarato di non aver mai letto un classico (evidente provocazione) e che è interessato agli aspetti marginali della letteratura. È uno di quei tipici autori che scrive libri che ami o odi. Galiazzo dopo dichiarare apertamente di non apprezzare i classici nello stesso libro riesce a parlare, tra le tante altre assurdità, anche di mappe cognitive che i conigli si sono autonomamente costruiti nel loro territorio, e amalgamate perfettamente nella storia centrale del libro. Per leggere e apprezzare Galiazzo bisogna essere aperti di mente e preparati a qualcosa di surreale che tenta di spiegare la realtà. È cinico e diretto, a tratti fastidioso. I suoi personaggi sono infatti volutamente seccanti, prendono a calci un cagnolino, oppure odiano a morte i vegetariani per esempio. 

Come ho detto nell’introduzione di questo post, Galiazzo ha scritto pochissimo; i suoi libri sono stati ripubblicati in versione digitale dalla casa editrice Laurana, nella loro collana Reloaded, che è una piccola e ottima realtà letteraria italiana di cui ho parlato qui. E voi conoscevate Galiazzo e i Cannibali italiani? Per dovere di cronaca segnalo il mio vecchio post sui Cannibali italiani che si può trovare qui.

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