Il cognome delle donne – Recensione

…Perché le donne restavano vedove e invece gli uomini si cercavano una seconda moglie…
Autore: Aurora Tamigio
Anno: 2023
Pagine: 416
Casa Editrice: Feltrinelli
Disponibilità: Versione cartacea e digitale
Dove acquistarlo: Ibs

Il romanzo si apre negli anni ’20, in un paese dell’Italia rurale dove la violenza sulle donne è una realtà tacitamente accettata, tanto comune quanto le figure del parroco o del mafioso e integrate, nel bene e nel male, nella vita quotidiana del paese. L’autrice dipinge un quadro vivido di un mondo in cui gli uomini occupano le piazze giocando a carte e chiacchierando, mentre le donne restano confinate in casa, assorbite da fatiche indispensabili: cucinare, pulire, prendersi cura degli uomini, portare in giro secchi pieni d’acqua. È da questo scenario che emerge Rosa, la prima di un gruppo di protagoniste che accompagna il lettore per oltre 400 pagine, un carattere carismatico e ribelle, degno dell’intensità di un personaggio interpretato da Anna Magnani. Rosa un giorno fugge da un padre violento, si innamora di un uomo normale, rispettoso e gentile, con cui scappa, apre un’osteria e costruisce una famiglia. Nascono tre figli tra cui Selma, la seconda arrivata del gruppo di protagoniste.

La narrazione attraversa diverse epoche e momenti storici nostrani, si passa dalla Seconda Guerra Mondiale alla caduta del fascismo, dai cambiamenti del dopoguerra all’euforia degli anni ’60 e ’80 con qualche fatto di cronaca, come la morte di Aldo Moro, vissuti dalle tre figlie di Selma, che chiudono il quadro di protagoniste del romanzo. La descrizione degli anni 80 è quella che ho preferito, visto che è quella che più mi appartiene. I Mondiali di Spagna del 1982 e l’atmosfera di quelle “notti magiche” è coinvolgente e tocca corde profonde persino per me che in quei giorni avevo solo 2 anni, evocando emozioni che ho vissuto durante le altri “notti magiche”, quelle di Italia 90.

Il linguaggio è autentico, radicato in un’Italia di provincia dove la modernità si ferma sulla soglia delle case. Lo stile è fluido, piacevole, capace di tenere il lettore avvinto per oltre 400 pagine, che scorrono rapide e leggere. La narrazione alterna momenti tristi e divertenti, rievocando spesso l’umorismo di un vecchio film di Totò. I personaggi sono un misto di surreale e realistico, spiccano per caratterizzazione: Santi Maraviglia, grottesco e al tempo stesso marginale, e Selma Quaranta, come detto figlia di Rosa, che assume un ruolo centrale nella seconda parte del romanzo. Il focus sul mondo femminile è evidente: donne forti e imprescindibili, motore delle famiglie, del lavoro, della vita stessa. Tuttavia, il romanzo ha un punto debole: la mancanza di colpi di scena. La narrazione scorre liscia, senza particolari sorprese o momenti che facciano trattenere il fiato. È una storia avvincente, ma che lascia la sensazione di una “minestra già mangiata e digerita.” in tanti altri bei romanzi ambientati nel nostro 900. Comunque è un libro che consiglio.

5 commenti

  1. L’ho letto e anch’io l’ho trovato scorrevole e tutto sommato gradevole, però al tempo stesso banale e un po’ fritto e rifritto. Aggiungo che sul piano storico ci sono alcuni errori abbastanza gravi, che si sarebbero potuti facilmente evitare consultando un buon manuale…

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