La malnata – Recensione

…Il mondo era fatto di regole che non dovevano essere violate. Era fatto di cose da grandi enormi e pericolose, di irrimediabili sbagli che ti potevano uccidere o mandare in prigione. Era un posto spaventoso, pieno di cose proibite, in cui dovevi camminare piano e in punta di piedi, stando attenta a non toccare niente. Soprattutto se eri femmina…
Autore: Beatrice Salvioni
Anno: 2023
Pagine: 248
Casa Editrice: Einaudi
Disponibilità: Versione cartacea e digitale
Dove acquistarlo: Einaudi

Mi piacciono le storie di vita vissuta, e questo libro ne racconta una che, per certi versi, mi ha ricordato la mia infanzia. La Malnata è quel personaggio di paese che i genitori ti insegnano a evitare, a volte per reale preoccupazione, altre perché così vuole la sacra tradizione del pettegolezzo locale: il pazzo del paese (u pacciu in Calabria), la ragazza poco seria che la dà a tutti, il figlio di qualcuno con una pessima reputazione. Insomma, la Malnata è la metafora perfetta di ciò che la società bigotta cataloga come il “male” da cui stare alla larga. E dall’altra parte c’è la protagonista, di famiglia ricca e antipatica—perché nei romanzi i ricchi sono sempre antipatici, come se la letteratura fosse l’ufficio stampa della lotta di classe. Il libro parte e si chiude in modo affascinante, ho trovato parti che mi hanno emozionato che non cito per evitare spoiler. Trovo La Malnata un romanzo ben confezionato, con una scrittura che scorre come l’acqua (distillata e filtrata), perfetto magari per un pubblico giovane o per chi ama le storie che ricalcano schemi collaudati. Come dicevo, ho amato inizio e fine, ma in mezzo ho trovato vari problemi che mi hanno annoiato.

Il primo problema è il politicamente corretto a pioggia. Un po’ di antifascismo qui, un po’ di critica alla famiglia oppressiva là, il tutto scritto con uno stile fluido, levigato, impeccabile e senza sbavature. Un libro quindi che deve piacere al pubblico come la canzone che ha vinto l’ultimo Festival di Sanremo—e io Sanremo l’ho abbandonato 25 anni fa, quindi forse è ora di abbandonare anche i romanzi di formazione ambientati nel Ventennio. Il secondo problema è una trama in gran parte più prevedibile di un film Disney. Abbiamo Ragazzina 1, emarginata vittima di pregiudizi, e Ragazzina 2, buona e privilegiata. Ragazzina 2 si avvicina a Ragazzina 1, fanno amicizia, succede un malinteso, litigano, poi si riappacificano. Il colpo di scena che non mi aspettavo in realtà arriva, ma è stato una breve deviazione dalla solita parabola educativa. Il terzo problema è il cattivo sadico e guarda caso fascista. Che, per carità, storicamente plausibile, ma ormai è un espediente narrativo talmente usato che suona come i nazisti a caccia di Indiana Jones—e forse oggi mi annoia ancora di più per questa mania di dare del fascista a gogò, persino a chi si rifiuta di scrivere tuttƏ. Credo che se avessi letto questo romanzo a 15 anni l’avrei amato. Ma purtroppo, oggi, ne ho una trentina più.

4 commenti

  1. Solita pubblicazione in stile Einaudi degli ultimi 10 anni. Protagoniste al femminile in provincia (si sa le città vibrano invece di aperture progressiste, da quando è mondo il mondo), di solito vittime. I maschi tutti meschini o al più ignavi. Il fascismo sullo sfondo. Qualche storia a sfondo sessuale, con maltrattamenti o nei casi meno forti pregiudizi. Di solito un lieto fine. Negli anni 80 sarebbero stati pubblicati da Harmony e venduti nelle edicole degli ospedali. Oggi sono pubblicati da Einaudi e colonizzano il dibattito “libraro” delle fiere dei libri e il premio Strega. Il primo che si leverà come Fantozzi, sarà accolto da un fragoroso applauso. C’è il rischio che poi venga pero’ fatto genuflettersi sui ceci ed etichettato come… (lascio immaginare).

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