Supernova – Recensione

… Non c’erano mattoni gialli, non campi di papaveri dove svenivi dal sonno, non la Città di Smeraldo, né fiumi né zattere. Non streghe, mongolfiere, cicogne, non c’era più niente, c’era la vita di tutti, e la poesia impiccata al soffitto …
Autore: Isabella Santacroce
Pagine: 161
Anno: 2015
Casa Editrice: Mondadori
Disponibilità: Libro cartaceo e versione digitale
Dove acquistarlo: IBS

V. M. 18 è stata una delle peggiori letture del 2021, anzi una delle peggiori letture di tutta la mia vita, un pugno allo stomaco, una delusione colossale di un’autrice, una dei pochi “cannibali” italiani che mi mancava, da cui mi aspettavo tanto. Tuttavia sentivo che il mio interesse per la letteratura di Isabella Santacroce, di cui tra l’altro avevo letto recensioni esaltanti (ad altri libri a essere sincero), non poteva finire con quella delusione. Così le ho dato un’atra possibilità leggendo Supernova e ho fatto bene. La protagonista del romanzo è una ragazzina che cresce in un ambiente surreale influenzato dal mago di Oz -si chiama Dorothy-, ha una madre che si muove come se vivesse in un sogno in cui una prostituta può vivere felicemente, e una zia che asseconda la madre per un motivo celato da pagine malinconiche riempite dai pensieri mai banali di Dorothy.

La bambina cresce in una storia raccontata con rabbia, si rende conto di essere lesbica e all’improvviso Dorothy del mago di Oz si trasforma fisicamente in Brian Molko dei Placebo. Si ritrova incompresa da tutti, circondata da bulli, dalla madre assorta nella sua vita malsana tra clienti e fidanzati malavitosi, e da una zia avulsa che non le trasmette nessuna emozione. Supernova è ricca di provocazioni, ma non come quelle moleste e volgari di V. M. 18. Qui le provocazioni sono eleganti: i giochi erotici e la lussuria vengono raccontati con dolcezza più che con morbosità. Malinconia, depressione e rabbia non lasciano mai la narrazione in prima persona di Dorothy, sentimenti che possono angosciare alla lunga ma che non intaccano la fluidità di Supernova che considero un bel libro.

All’improvviso la lussuria prende il sopravvento e fagocita il resto della storia. Dorothy, Divna -la ragazza di cui s’innamora e che si prostituisce insieme alla madre di Dorothy- e l’amico belloccio Thomas creano un trio che difatti si perde nella droga e nella prostituzione. Tuttavia il romanzo presenta un approccio leggero ai vizi senza mai raggiungere l’orrore di Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino o Requiem for a dream (opere che forse hanno dato qualche ispirazione alla Santacroce). Resta in un limbo, in bilico tra una pervesione passeggera di un gruppo di ragazzini e l’orrore che si può raggiungere con l’abuso di alcol e la smania di denaro, in un limbo tra un gruppo di adolescenti “solo” depressi e trasgressivi e lo squallore della droga e della prostituzione. Un limbo in cui Dorothy corre senza fermarsi sugli incubi incapace di raggiungere un sogno, perché in questo romanzo i sogni non esistono, o forse sí, a voi il piacere di scoprirlo.

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