7 libri di autori statunitensi V

Oggi segnalo altri sette libri di autori statunitensi di cui ho parlato sul mio profilo Instagram, @mia_nonna_fuma.

In questo post troviamo romanzi di due autori ormai presenze costanti nei miei canali e che occupano più della metà della lista (Michael Chabon e Charles Bukowski), due grandi classici di genere (almeno per me) e l’autore statunitense che più mi delude ogni volta che lo leggo pur essendo un mito a livello mondiale (il primo della lista).

Oggi pubblico un post che forse risulterà impopolare. Ho letto vari libri di Stephen King e tutti mi hanno lasciato un vuoto profondo dopo avermi annoiato. Non posso esprimere la mia frustrazione come ho fatto con altri fenomeni letterari, vedere la mia indignazione per Infinite Jest di David Foster Wallace per esempio, perché King è troppo, e la sua fama mi blocca quando provo a spiegare perché le sue opere, che cerco di apprezzare, puntualmente mi deludono.
Di Carrie dico solo che almeno mi resta il ricordo della grandiosa trasposizione cinematografica di Brian De Palma.
Anche Bukowski ha il suo romanzo ‘pulp’, una parodia stravagante di un noir che racconta le strane vicende dell’investigatore privato Nick Belane alle prese con eventi surreali in compagnia di un’aliena e della morte.
Il linguaggio semplice di Bukowski, a tratti minimalista, fa ridere e ti diverte. Racconta vite di reietti con pensieri profondi che vanno ricercati perchè celati da vizi e apatia. Questo è successo anche nel suo romanzo pulp. E che pulp.
Chabon è uscito dalla sua zona di conforto -una narrativa generale unica e alternativa- in questo suo romanzo d’avventura. ‘Cronache di principi e viandanti’ racconta una storia che evolve lungo la Via della Seta del 950 d.C. tra i deserti dell’Asia Centrale e le montagne del Caucaso. È una storia corta che scorre tra battaglie crudeli e personaggi bislacchi a volte spassosi, ma per me non è tra le migliori opere di Chabon.
Mi è piaciuta molto per le illustrazioni che mi hanno ricordato Jules Verne e una dedica speciale a Calvino, ma è lontana anni luce dai suoi capolavori. 
Premio Pulitzer nel 2001, ‘Le fantastiche avventure di Kavalier a Clay’ racconta l’orrore del nazismo e il sogno americano attraverso le avventure di due nerd artisti che creano il fumetto del secolo.
Tutto questo viene narrato con la prosa fluida e alternativa del grande Chabon, un maestro nel creare personaggi strani, geni e folli che ti entrano dentro e non ti lasciano più.
In un futuro indefinito dopo il 2022 (ci stiamo avvicinando) i libri sono illegali, non si possono né leggere né possedere, e una squadra speciale di vigili del fuoco è incaricata a bruciarli.
Per me Fahrenheit 451 è, insieme a 1984 di Orwell, un classico distopico imprescindibile per gli amanti del genere e non solo.
Edgar Allan Poe è una presenza importante tra i classici della mia adolescenza. I suoi racconti e le sue poesie mi hanno inquietato e ammaliato da ragazzino e continuano ancora ad affascinarmi. È riconosciuto come un autore di genere terrore, forse il più importante, ma per me è anche filosofia, formazione e soprattutto eleganza nel suo stile.
Dietro Hank Chinaski, alter ego di Bukowski e postino alcolizzato con il vizio delle scommesse alle corse di cavalli, si nasconde un personaggio che fatica a sopravvivere in un mondo che capisce poco e, soprattutto, che non lo vuole capire. A parte i problemi con l’alcol e i vari vizi, in Hank si può riconoscere qualsiasi individuo che vive senza comprendere a fondo la società che lo circonda fatta di tanta gente che non si fa i fatti suoi, che ti giudica se bevi, ti perseguita se fai sesso con chi ti pare, ti offende se fai domande scomode e che fondamentalmente beve di nascosto, idem per il sesso, e non fa domande per paura di sentire le risposte.

6 commenti

  1. Pulp l’ho amato alla follia.. scrissi anche qualcosa in merito. Io non sono convintissimo che l’abbia scritto tutto lui. Post Office era piu’ nel suo stile. Mai letto King.. qui su WP piu’ pareri e recensioni negative o tiepide rispetto a quelle positive.

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  2. Difatti Pulp è il meno “Bukowskiano”.
    King per me è un mistero, gli ho dato varie possibilità perché è un autore amato anche da gente e blogger che rispetto per i loro gusti letterari, ma tutte le volte che l’ho letto ho trovato romanzi scritti con un linguaggio per ragazzini e con finali bruttissimi.

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