7 autori più odio che amore

Ci sono autori che trovo oggettivamente grandi, imprescindibili nei loro generi, ma che non mi convincono. Autori potenti ma che mi annoiano per vari motivi. Oggi ne presento 7 e divisi in 3 categorie: scrittori che rispetto ma che non comprendo, scrittori che mi piacciono per come scrivono ma che m’innervosiscono, scrittori che ho letto, apprezzato ma che trattano generi che non prediligo.

Li rispetto ma non li comprendo

Tempo fa parlai della mia frustrazione leggendo Infinite Jest di David Foster Wallace. Io in realtà continuo a rispettare l’autore statunitense, soprattutto per tanti suoi racconti e mini saggi. È stato un visionario dalla penna raffinata, un innovatore e uno dei pilastri del postmodernismo statunitense insieme a Bret Easton Ellis e Don DeLillo. Tuttavia io David Foster Wallace continuo a non capirlo a fondo per la sua scrittura fitta e densa di metafore tante volte volutamente incomprensibili.

Provo sensazioni simili quando leggo Virginia Woolf. Dell’autrice britannica amo i suoi racconti che trovo innovatori, soprattutto per l’epoca. Autrice intrepida che ha rotto schemi e lottato contro pregiudizi agli inizi del XX secolo, la Woolf ha trattato temi in modo provocatorio come il femminismo, la futilità della religione o il poliamore. Tuttavia io fatico a seguire i suoi romanzi, mi perdo tra le sue parole a volte indecifrabili seppur eleganti. In parole povere, la maggior parte delle volte in cui leggo i suoi romanzi non riesco a capirla a fondo.

Ho trovato una connessione affascinante tra i suicidi di David Foster Wallace e Virginia Woolf su Infinite Jest: leggendo il romanzo ho percepito un omaggio a Virginia Woolf che si suicidò un secolo prima (David Foster Wallace l’ha fatto nel 2008). Sarà stato un messaggio che voleva annunciare? Nessuno lo potrà mai sapere. Forse quell’omaggio è stato solo una mia incorretta interpretazione dell’astrattismo dell’autore statunitense, ma mi piace pensare che sia stato reale.

Mi piace come scrivono ma m’innervosiscono

Walter Siti è un grande comunicatore, scrive con coraggio e una padronanza della lingua italiana esemplare, ed è anche un provocatore abile che mi fa incazzare. Perché se da una parte è vero che apprezzo chi osa, dall’altra esiste un limite a ciò che posso tollelare; per esempio, trovo ripugnante giustificare con lucidità un pedofilo, anche se fa parte della finzione costruita intorno a un personaggio letterario.

Bret Easton Ellis è l’esponente della parte più pulp del postmodernismo con il suo stile crudo e violento in storie caratterizzate da dialoghi surreali simili a spot pubblicitari che trasmettono il peggio della società statunitense. Per me è un innovatore straordinario ma, riprendendo quello che non tollero, trovo la violenza dei suoi scritti esasperata e tanti suoi personaggi antipatici e troppo accidiosi. American Pshyco, per esempio, ha una narrazione molesta dovuta a tante torture e omicidi inutili e personaggi insopportabili.

Michel Houellebecq è controverso, alternativo, critico e spietato, sempre politicamente scorretto, attaccato da parte della critica che l’ha definito addirittura osceno, misogino e razzista. Io personalmente dietro le sue provocazioni non ho trovato nulla, solo tanta volgarità suppongo usata apposta per far parlare di sé riuscendoci alla grande. Durante le letture dei suoi libri, l’ho sempre immaginato come il tipico “hater” che trascorre il proprio tempo seduto su una scrivania mentre sputa su cosa non gli piace senza produrre nulla di intellettualmente interessante.

Solo questione di genere

Ho scoperto la prosa di Dino Buzzati leggendo Un amore, romanzo dolce ed elegante che mi ha persino emozionato. Subito dopo decisi di leggere tutta la bibliografia dell’autore italiano iniziando con la usa opera più famosa, Il deserto dei Tartari, passando per Bàrnabo delle montagne e Il segreto del Bosco Vecchio. Ma a quel punto la mia passione per Buzzati si è inceppata perché i generi surreali e fantasy, a parte qualche rara eccezione, non fanno per me. Per una questione di gusti non riesco a concentrarmi leggendo libri con paesi immaginari o entità fantastiche come venti parlanti che irrompono nella storia. Peccato.

Chiudo con un’artista che secondo me è riuscita a riportare qualità nelle storie di Dylan Dog, fumetto che ho amato, da quando il suo autore Tiziano Sclavi ha iniziato a latitare tra le storie dell’indagatore dell’incubo: Paola Barbato. Ho amato infatti tante storie scritte dall’autrice milanese per Dylan Dog come i numeri 169, Lo specchio dell’anima e 200, Il numero duecento. Tuttavia i suoi libri non mi hanno convinto, ne ho letti un paio che mi hanno annoiato tanto, a tratti confuso, anche perché si tratta di romanzi thriller, genere molto distante dai miei gusti letterari.

E voi vorreste segnalare qualche autore che pur rispettandolo non vi convince?

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16 commenti

  1. Anche io ho problemi con Woolf, e mi ha fatto piacere sentire una professoressa ordinaria di letteratura inglese dire: «leggi Joyce e hai davanti un amico, mentre Woolf, uhm»

    Easton Ellis pecca anche di compiaciutezza… io ci passo sopra solo perché incontra il mio gusto e trovo calzante la sua filosofia nichilistica…

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  2. Mio parere personale, ovviamente: praticamente tutti gli horror di Stephen King. Il King che non scrive horror lo apprezzo di più (es.: Stagioni Diverse, Ossessione, ecc.), ma per il resto – se si escludono It o pochissimi altri titoli – non riesco proprio a farmelo piacere. “The outsider” l’ho iniziato bene ma letto malvolentieri, tanto per dire. 😌

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  3. Bellissimo il tuo “ritrattino” di Michel Houellebecq 🤣. Occhio ai fan di DFW però…
    Scherzi a parte, abbiamo il diritto di amare o odiare certi autori, a patto di rispettarli e di ammettere che la letteratura è (anche) una questione di gusti.
    Di solito per me quelli che “più odio che amore” sono i Premi Strega o altri scrittori pluri-premiati 😅.
    Poi ci sono autori che un tempo mi piacevano, e tanto, come King, ma che ora, salvo alcuni testi che trovo ancora memorabili, non mi dicono più niente…

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  4. Alessandro con Buzzati avevo seguito il percorso inverso. Romanzo finale: Un amore. Credo sia la sua punta piu’ alta. Il fatto di aver letto per ultimo questo libro e prima il Deserto ed alcuni sui racconti dopo, fa pendere la bilancia a favore di DB. Avessi fatto il percorso inverso sarei arrivato alla tua conclusione. Sul Deserto, credo sia un romanzo, tra i pochi, che vada riletto. Mi sono proposto di farlo. Alla prima lettura presi tante annotazioni che sarebbe il caso di approfondire. Poi ripeto siamo per piu’ di metà, nel campo del soggettivo. Di Houllebecq, avevo subodorato, da un paese “piu” vicino alla Francia dell’Italia, quello che scrivi. Mi chiedo veramente se dare una possibilità minima, oppure bypassarlo in cavalleria. Un caro saluto. Su DFW ti capisco perfettamente. Io consiglio veramente a tutti, anche a chi ragionevomente non lo sopporta, come nel tuo caso, Tennis, TV, Trigonometria e tornado. Il suo saggio sulla lingua, in densità di insegnamenti- per la vita, supera di gran lunga runa buona dozzina di insegnanti universitari (tutti insieme) e mi tengo per difetto, avuti tra i 19 e 24 anni.

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    • Difatti Il Deserto dei Tartari prima o poi lo voglio rilleggere, e forse cercheró anche qualche racconto di Buzzati. Riguardo Houllebecq vale la pena leggerlo perché comunque non lascia indifferenti e uno scrittore che stimola l’intelletto io lo consiglio a prescindere se mi piaccia o meno, anche se io non lo rileggeró piú. Che é in fondo quello che penso anche di DFW: chi ama la letteratura deve leggerlo. Grazie ancora per essere passato da qui.

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  5. Per me sono Delillo e Murakami. Del primo le ambientazioni e quanto riesca a stimolare il mio senso critico durante la lettura, ma non capisco la verbosità eccesiva e l’insistenza nel rafforzare all’infinito un concetto già chiaro dopo due pagine. Del secondo amo l’estro nell’inventare storie assurde e surreali, ma contestualmente odio l’inconsistenza di queste storie che 9 volte su 10 non portano alcun messaggio, morale o spunto di riflessione.

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