L’odore acido di quei giorni – Recensione

… Mi misi a camminare sotto i portici tra negozi illuminati di conformismo cattolico venduto a caro prezzo. Le strade sature di rossetti e sorrisi, oro e carta regalo, strette di mano e presepi, alberi addobbati come deficienti mentre l’eco di frasi stereotipate faceva da sottofondo a uno stato di oniomania collettiva, la banalità del bene …
basta smetto Autore: Paolo Grugni
Pagine: 304
Casa Editrice: Laurana
Anno: 2017 (Quarta edizione, la precedente pubblicata sempre da Laurana è del 2011)
ISBN: 978-8898451654
Disponibilità: Libro Cartaceo e Versione E-book
Dove acquistarlo: Laurana

Ho iniziato a leggere questo libro senza sapere di cosa si trattasse, completamente al buio, senza neppure dare un’occhiata alla quarta di copertina. Ho comprato l’eBook perché l’ho trovato in promozione e perché conosco la casa editrice che l’ha ripubblicato prima nel  2011 e poi nel 2017. Laurana editore rappresenta difatti uno dei rari casi in cui compro libri perché pubblicati da una certa casa editrice. Cercano autori alternativi, che raccontano storie con rabbia e sarcasmo da ripubblicare. Ne parlai tempo fa in un post che si può trovare qui e che a sua volta porta ad altre mie recensioni di libri che ha pubblicato questa casa editrice.

Alessandro, il protagonista de L’odore acido di quei giorni è un ex chirurgo che per lavoro se ne va in giro a raccogliere cadaveri di animali ammazzati da automobilisti, salvando quelli che riescono a sopravvivere agli incidenti, e dando loro rifugio nella sua spaziosa abitazione. Convive in armonia con gatti, cani, mucche e maiali che vivono in armonia a loro volta, in un microcosmo felice dove gli animali si conoscono e fanno amicizia come gli esseri umani. Un giorno si ritrova per strada il corpo di una donna che crede morta ma che in realtà ha solo perso i sensi a seguito di un tentato omicidio (fulcro della storia che passa quasi inosservato grazie allo stile dell’autore che predomina su tutto), e con cui instaura da subito una bella amicizia. Alessandro, dopo lo spavento per essersi ritrovato in casa un cadavere tornato in vita, le racconterà a poco a poco il suo passato di chirurgo, lavoro che perse a causa dei suoi contatti con le brigate rosse, i suoi problemi con l’alcool che hanno allontanato sua moglie e i suoi figli dalla propria vita, e la ricerca della pace interiore in compagnia dei suoi amici a quattro zampe.

Ambientato a Bologna durante gli anni 70 (raccontata alla radio che ascolta Alessandro), L’odore acido di quei giorni narra una serie di delitti di donne che ricordano delle esecuzioni di soldati statunitensi a danno di vittime vietnamite. È una storia di delitti e misteri, un noir che non ha nulla da invidiare ai grandi statunitensi che vendono milioni di copie come James Patterson, accompagnato dalle tensioni politiche dell’Italia di quei tempi; le brigate rosse, gli studenti universitari che si scontrano con le forze dell’ordine, le bombe. Ma è anche una storia d’amore strana, improvvisa, inattesa, perseguitata dalla morte e soprattutto vissuta con malinconia come in un film di Kusturica.

Le descrizioni di Grugni sono impeccabili, Davanti al bar Stella sotto i portici, i calabresi al confino alzavano le loro voci pastose e cattive mentre mani dalle dita a salamino, con mignoli dalle unghie affilate e dai grassi anelli d’oro, gesticolavano le parole che mancavano e riallacciavano gli affari lasciati al sud. È un autore arrabbiato, indignato, che alza spesso la voce, Diamanti, smeraldi, rubini e via dicendo sono solo sassi colorati il cui valore è zero. Il meccanismo funziona grazie alla credulità della massa, ingenua né più né meno degli indios che si meravigliavano davanti agli specchietti regalati loro dai soldati spagnoli. È un romanzo a sfondo storico con elementi noir che consiglio quindi a chi ama entrambi i generi, e a chi vuole fare un ripasso della Bologna degli anni 70 narrata da quella autoradio del furgoncino di Alessandro sintonizzata sempre su Radio Alice che racconta in modo freddo e oggettivo una delle pagine più importanti della storia italiana.

È un libro quindi impegnato ma in cui Grugni mantiene la sua geniale ironia per tutta la storia. Mi sedetti sulla poltrona girevole da barbiere, di quelle dove i mafiosi di Chicago venivano ammazzati con una raffica di mitra da un’auto in corsa. Io di solito non prediligo i romanzi di genere, mi appassiono a un giallo o a un libro storico solo quando l’autore riesce a trasmettermi qualcosa che va aldilà della storia, e Grugni ci è riuscito. Gente ingoiata da treni, gente rigurgitata da treni, tutta gente che non sapeva perché andava o perché veniva, ma convinta di far parte di un meccanismo sociale che non poteva prevedere altro che l’impiego servile del tempo al padrone bianco o al sindacalista rosso.

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