… Quarantotto ore prima stava a una finestra a guardare le bombe cadere dall’alto, a calcolare mentalmente la traiettoria di ognuna di loro per sapere in quale quartiere sarebbe caduta, e per quale dei suoi amici sarebbe dovuto stare in ansia. Adesso provava una grande tenerezza nell’osservare gente che combatteva una guerra per motivi come colori sulle sciarpe e sulle bandiere di una squadra di calcio …
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Autore: Matteo Galiazzo Pagine: 120 Anno: 2014 (Prima edizione del 2002) Casa Editrice: Laurana ASIN: B00JAJ9364 Disponibilità: Versione E-book e Libro Cartaceo Dove acquistarlo: Amazon |
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La prima edizione di questo libro fu pubblicata da Einaudi con il titolo Il mondo è posteggiato in discesa. A distanza di anni Laurana editore l’ha ripubblicato con il titolo originale che aveva scelto Galiazzo e lasciando addirittura il testo originale prima dell’editing di Einaudi. Io preferisco il titolo nuovo.
Il romanzo racconta il viaggio di Stanko che scappa dal conflitto dei Balcani devastati dalle bombe, nascosto in una scatola dove ha paura di morire schiacciato dal suo contenuto durante tutto il viaggio, pensando di stare per raggiungere Venezia ma che invece arriva a Genova. La descrizione del viaggio, in perfetto stile Galiazzo, fa capire sin dall’inizio quello che si ritroverà il lettore. Fuori di lui la puzza di pesce e la puzza di piscio duellavano sotto le sue narici come cavalieri antichi sotto il balcone della figlia del re. Una volta arrivato a Genova, Stanko fa subito amicizia con un fastidioso cane che considera amico solo perché lo perseguita, e con Lotorio Bacigalluzzi, gigante stravagante che non riusciva a vedere nulla e se ne andava in giro alla ricerca della dieta perfetta. Il mondo per lui era un pasticciato sistema di macchie colorate. Si muoveva distruggendo cose e persone, ma non aveva l’aria di farlo per sbaglio. Pesava centotrenta chili. Rubava. Odiava gli oculisti. Odiava i dentisti. Odiava un sacco di gente.
Stanko si muove per Genova con i suoi amici, racconta barzellette fredde su Tito che non fanno ridere nessuno, s’innamora di un’aliena dalle sembianze umane ma che è in realtà un vegetale e che aiuterà in una strana missione di cui qui non parlo perché è il cuore della storia che invito a scoprire. La missione è comunque in parte (e per fortuna) offuscata dalle peculiarità di Lotorio Bacigalluzzi e dallo stile sarcastico e imprevedibile di Galiazzo che spiazza continuamente durante la lettura. Il cane non capisce, però istintivamente comincia ad annusare la traccia. Ma certo. Una traccia sgocciolata di ventimila veleni diversi uniti per comodità con il nome collettivo di mare.
Ma questa è anche la storia di Marione il carabiniere, cha fa un corso di lettura del pensiero per leggere nella mente del professore all’esame dell’università che non aveva mai passato da studente, o dello spacciatore Toni Caccola. È un viaggio fisico di Stanko che racconta la sua visione di Genova, ma è anche un viaggio nella mente di Stanko che nonostante le barzellette su Tito che non fanno ridere, fa riflettere e non poco sull’assurdità della guerra, e sulla soggettività dei drammi (vedere per esempio il pezzo del libro citato all’inizio del post).
È un libro difficile da spiegare come il precedente Cargo di cui ho parlato qui di un autore che non si colloca facilmente in nessun genere letterario. Nell’introduzione del romanzo dichiara di non aver mai letto un classico (evidente provocazione) e che è interessato agli aspetti marginali della letteratura. È uno di quei tipici autori che scrive libri che ami o odi. Galiazzo dopo dichiarare apertamente di non apprezzare i classici parla, tra le tante altre assurdità, anche di mappe cognitive che i conigli si sono autonomamente costruiti nel loro territorio, tanto per intenderci, perfettamente incastrate nella storia centrale del libro. Per leggere e apprezzare Galiazzo bisogna essere aperti di mente e preparati a qualcosa di surreale che tenta di spiegare la realtà. Genova, la cui principale specialità culinaria era una salsa ottenuta triturando, sminuzzando, torchiando, disintegrando, disfacendo, spappolando, frullando, fracassando, sfracellando, maciullando, frantumando, spiaccicando, massacrando, pestando all’inverosimile delle tenere e incolpevoli foglie di basilico.
È cinico e diretto, a tratti fastidioso. I suoi personaggi sono infatti volutamente fastidiosi, prendono a calci un cagnolino, oppure odiano a morte i vegetariani per esempio. Galiazzo all’improvviso interroga persino il lettore. Il libro mi ha ricordato Spiriti di Benni, e Galiazzo ha la satira facile come l’autore bolognese e dirò di più, lo preferisco a Benni. Come già dissi quando parlai di Cargo, Galiazzo ha deciso di non scrivere più da un po’, mi manca ancora l’ultimo dei suoi libri da leggere e poi cercherò un altro scrittore folle che è riuscito a intrattenermi con storie surreali al limite della sopportazione.
❤️
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Eh, l’Einaudi addomestica un po’ troppo i libri di narrativa che pubblica…
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Vero!
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[…] avuto modo di parlare di Matteo Galiazzo, autore che stimo e di cui ho recensito Cargo e Il rutto della pianta carnivora. Sono romanzi strani, i più alternativi di tutto il “Cannibalismo” tra quelli che ho […]
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