Philip Roth

Ho scoperto il mondo letterario di Philip Roth grazie alla sua annuale etichetta di favorito alla vittoria del premio Nobel per la letteratura quando era ancora in vita. Il Nobel non l’ha mai ottenuto, ma è stato premiato con tanti altri riconoscimenti tra cui il Pulitzer per Pastorale americana (American Pastoral). Ho iniziato a leggere Roth quindi per curiosità, per comprendere l’origine del suo esito internazionale. Secondo la mia concezione di scrittura e quello che per me significa letteratura di qualità, Philip Roth inisieme a Paul Auster rappresenta il migliore autore statunitense che abbia mai letto. In questo post vi racconto il perchè.

 

Roth aveva la consapevolezza di essere un grande scrittore e amava dimostrarlo avventurandosi in storie complesse, con stili di scrittura diversi tra loro, sempre impeccabili, in grado di ammaliare con le sue parole persino i lettori più esigenti. Cito per esempio una delle sue opere meno famose che mi ha affascinato, Il seno (The Breast). Il protagonista è un signore che si sveglia sotto forma di un seno gigante di settanta chili e vive una storia kafkiana in cui racconta la sua percezione della vita immobilizzato su un letto. Roth con la sua prosa ha narrato in modo interessante e mai banale le vicende di un seno gigante e immobile. Oppure La nostra gang (Our Gang), in cui Roth sbeffeggia Nixon, nel romanzo chiamato Trick E. Dixon, con una satira politica pungente, esilarante, scritta sotto forma di atti teatrali. 

Osservava il mondo che lo circondava, l’analizzava, lo metabolizzava e lo presentava al lettore descrivendolo come un luogo molto più vicino all’inferno che al paradiso. Nelle sue opere il sogno americano è una balla, un luogo comune, un’immagine venduta al resto del mondo, un racconto di realtà fasulla i cui grandi pilastri, amore, religione e famiglia, sono miti che crollano sempre come muri di cartapesta. L’essere umano è un impasto di perversioni sessuali, debolezze, pensieri scorretti, idee immorali celate da maschere raffiguranti facce felici che sprigionano etica bigotta, che può far crollare quei miti da un momento all’altro. Pastorale americana è il manifesto di questo concetto. La felicità è intermittente in ogni vita che alla lunga è sempre dura e ingiusta. È stato critico su tutto, persino su stesso nelle opere in cui presentava la sua vita romanzata attraverso il suo pseudonimo letterario, Nathan Zuckerman. Come in Operazione Shylock: una confessione (Operation Shylock: A Confession) o Zuckerman scatenato (Zuckerman Unbound) in cui ha raccontato al lettore difetti, paure e pervesioni di Nathan senza far capire cosa fosse parte del mondo reale di Philip e cosa fosse pura fantasia. Si estraeva dalla realtà in modo oggettivo, raccontava problemi culturali e sociali visti con gli occhi di giovani e adulti romantici, artisti, scrittori -a volte se stesso-, politici, religiosi bigotti, dando la visione della realtà in modo schietto, senza filtri e opinioni.

 

Raccontava anche amicizie senza età, belle, dove la saggezza ammaliava la gioventù, come in Ho sposato un comunista (I Married a Communist) e La macchia umana (The Human Stain). Dietro le denunce sociali, le critiche al sistema americano, il razzismo, il bigottismo, l’ignoranza, l’ipocrisia, nelle sue opere c’è quindi anche il bello, l’amicizia, l’amore, l’arte e lo sport. Tuttavia sempre in secondo piano, per dare una lieve tregua al dolore, come per dire che dietro l’orrore c’è una piccola speranza che aiuta a tirare avanti, un messaggio immortale che valeva ieri e continua a valere oggi. Tra i miei romanzi di Roth preferiti, qui vorrei citare Lamento di Portnoy (Portnoy’s Complaint) e Il teatro di Sabbath (Sabbath’s Theater). In questi libri troviamo il mondo di Roth raccontato da due personaggi straordinari, cinici ed esilaranti, Portnoy e Sabbath. Li ho vissuti come punto d’incontro tra Philip Roth e Charles Bukowski, realtà di individui che si sentono impacciati in vite che accettano a fatica.

Roth ha anche raccontato un pezzo di storia sulla nascita e l’evoluzione dello stato di Israele in modo chiaro e avvincente grazie alla sua potenza letteraria in un altro suo romanzo che amo, La controvita (The Counterlife), e un altro ancora che mi è piaciuto meno, ma che reputo altrettanto interessante, Operazione Shylock: una confessione (Operation Shylock: A Confession).

Concludo dicendo che non è un autore facile, ha scritto tanto, mi mancano ancora vari suoi romanzi che vorrei leggere e credo che si debba scegliere con cura con quali dei suoi libri iniziare. Se io per esempio avessi iniziato con Operazione Shylock: una confessione o La nostra gang, forse l’avrei mollato. Ma quelle opere, conoscendo il mondo di Roth, le ho comunque apprezzate, anche se meno delle altre.

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11 commenti

  1. Bellissima panoramica sul “mondo di Roth” :).
    Super interessante il collegamento con Bukowski: non ci avevo mai pensato!
    Buone letture e alla prossima!
    P.S. Io l’ho conosciuto grazie a “Per un pugno di libri” e da allora continuo a perdermi tra le sue pagine.

    Piace a 1 persona

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